Il divario di empatia: perché piangiamo per Parigi e Bruxelles, ma non per Beirut e la Libia


Che cos’è un gap di empatia? Mi spiego meglio.

In occasione dei recenti attentati a Bruxelles, il mondo intero si è riversato sui social media per offrire il proprio amore, le proprie preghiere e il proprio sostegno al Belgio. Lo stesso è accaduto quando Charlie Hebdo è stato attaccato da estremisti musulmani, scatenando l’hashtag #JeSuisCharlie che ha fatto il giro di Internet.

Tuttavia, alcuni netizen hanno anche notato un’apparente grande mancanza di preoccupazione per gli attacchi terroristici in altri luoghi: Beirut. Libano. Baghdad. Yemen.

Lo schema è diventato fin troppo prevedibile. Un atto di violenza che avviene in una parte del mondo mette in ombra quello di un altro attacco. Entrambi non sono meno traumatici, ma sembra che gli orrori di un attacco in una città americana o europea catturino la simpatia delle persone in tutto il mondo in modi che un’atrocità simile, non meno traumatica e angosciante, non sembra fare. Gli attentati in Libano o in Kenya non sono meno strazianti di quelli di Parigi o Madrid, ma dov’è “#IAmLebanon”?

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Anche i social media sono stati criticati per questo squilibrio di empatia. Facebook si è guadagnato molte critiche per l’uso delle sue funzioni pronte per le crisi. Se c’erano controlli di sicurezza per i residenti a Parigi, perché non ce n’erano per la Libia e la Tunisia? Dov’era quella funzione che permetteva agli utenti di dipingere le loro foto profilo con i colori della Turchia o di Beirut?

Molti utenti di Twitter hanno espresso un sentimento simile a quello che quest’uomo ha riassunto così bene in due tweet:

Altre persone hanno scelto di usare questa affermazione come cassa di risonanza per discutere di questioni razziali, che fossero rilevanti o meno.

Altri hanno sfruttato l’occasione per addossare la colpa.

Altri si sono concentrati sul contrasto tra i problemi all’estero e quelli nel proprio territorio.

E le questioni tra Israele e Palestina sono state ulteriormente alimentate.

E c’è chi vuole solo che tutti ricordino che ciò di cui il mondo ha più bisogno in questo momento è l’empatia.

Di fronte a tutti i conflitti, al caos e all’odio che si scatenano in rete, ci sono ancora cose crude, belle e vere. Come questa ballerina palestinese in Italia.

https://peridotable.tumblr.com/post/141534327438

Immagini per gentile concessione di Time e The Guardian
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Jean-Pierre Fumey
Jean-Pierre Fumey is a multi-language communication expert and freelance journalist. He writes for socialnewsdaily.com and has over 8 years in media and PR. Jean-Pierre crafts engaging articles, handles communication projects, and visits conferences for the latest trends. His vast experience enriches socialnewsdaily.com with insightful and captivating content.

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